Soia, mais, grano tenero e lino, falsamente certificati come “bio”, destinati all’alimentazione animale ma anche umana. Le granaglie dovevano essere vendute nell’ambito della Comunità europea a ignare aziende. La truffa è stata bloccata dai controlli dall’Ispettorato Repressione Frodi (ICQRF) e dalla Guardia di Finanza di Pesaro, con la collaborazione del Corpo Forestale dello Stato che con l’operazione Vertical Bio hanno sequestrato preventivamente  circa 35 milioni di euro corrispondenti all’illecito profitto derivante dall’attività fraudolenta.
Nel corso delle indagini durate circa due anni sono stati utilizzati complessi metodi di investigazione tra cui intercettazioni telefoniche e analisi chimico-fisiche dei prodotti nonché ricostruzioni documentali. Tali strumenti hanno consentito di accertare che i responsabili di tale frode – capeggiati da un ultrasettantenne emiliano, chiamato dagli affiliati con il nome in codice di “maestro Joda” – hanno commercializzato prodotti dichiarati come biologici, mentre in realtà in alcuni casi erano stati ottenuti con il contributo di organismi geneticamente modificati (OGM) ovvero contaminati con principi attivi chimici vietati in agricoltura biologica (tra cui un diserbante come il glyphosate e brachizzanti come il clormequat).
L’illecito in questione prevedeva addirittura che le società italiane coinvolte controllassero da un punto di vista tecnico e finanziario le realtà imprenditoriali operanti nei suddetti Paesi terzi sia gestendo i metodi di coltivazione dei prodotti che la certificazione biologica rilasciata dagli organismi di controllo preposti.
Non è la prima grande operazione contro il falso bio, quello dei grandi numeri. Secondo Federbio l’operazione “conferma che per anni è esistita una associazione a delinquere che ha forzato le regole normative e il sistema di certificazione di settore per immettere sul mercato europeo delle materie prime biologiche una notevole quantità di prodotto proveniente dall’agricoltura convenzionale. Se ciò è avvenuto non è solo per le complicità presenti nel sistema, già in parte individuate dalle indagini ma anche per l’assenza di un coordinamento efficace fra i diversi attori del sistema di controllo in capo al ministero delle Politiche agricole. Da tempo FederBio denuncia comportamenti omissivi da parte di alcuni dirigenti e funzionari riguardo alle autorizzazioni alle importazioni di prodotti biologici e lo spreco di risorse pubbliche per sistemi informatici ancora incompleti e non funzionanti.