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Il “Datagate” impone la necessità di norme più severe e di risposte concrete da parte del Garante Privacy.

Franscesco Luongo  dell’Avv. Francesco Luongo – Presidente Nazionale

Dopo anni di totale deregulation, all’insegna di una modernità e di una crescita economica tradottasi quasi esclusivamente in ricchezza finanziaria  mai investita nell’ economia reale e nuovi posti di lavoro, ecco che lo scandalo “Cambridge Analitica” ha squarciato finalmente il velo sullo sfruttamento dei dati personali degli utenti di internet. Che le informazioni dei consumatori e persino le loro abitudini e gusti e fossero minuziosamente tracciati, geolocalizzati e memorizzati e dai big data di Facebook, Google, Amazon, Apple, Twitter, Samsung e tante altre società hi-tech era noto, ma che lo sfruttamento giungesse addirittura all’obiettivo della manipolazione di coscienze e scelte politiche era impensabile, come l’incredibile facilità con cui vengono trafugati milioni di dati e profili personali sulla rete. E’ormai ufficiale: e-mail, rubriche telefoniche, SMS, messaggi WhatsApp, chiamate, profili social e persino le conversazioni di milioni di cittadini sono state regolarmente registrate e caricate su server all’estero, dove saranno sfruttate per finalità ignote ed imprevedibili tanto quanto il loro eventuale furto e vendita in stock sul cosiddetto “Dark web”, raggiungibile attraverso reti sovrapposte ad internet chiamate “Darknet”. La contraddizione di una rete fatta di servizi gratuiti in cui il prodotto vero sono i consumatori è drammaticamente esplosa in questa primavera 2018 ,mai così calda per il mondo delle telecomunicazioni. Facebook dal 16 marzo scorso ha perso in borsa il 13,7%, Twitter addirittura il 18,5%e Amazon il 7,91% mentre nascono campagne come #DeleteFacebook cui aderiscono sempre più aziende come Tesla e VIP. Ma al di là delle proteste resta il problema della mancanza di tutela dei propri dati personali in un internet planetario che non conosce confini geografici e legislazioni statali, come già emerso nel 2013 con le rivelazioni dell’ex tecnico della CIA Edward Snowden. Un problema che il nuovo Regolamento Europeo sulla Privacy, in vigore dal prossimo 25 Maggio 2018, non potrà risolvere se non sul fronte dell’imposizione alle aziende e pubbliche amministrazioni di una maggiore sicurezza nei trattamenti dei dati personali. Sul punto registriamo la mancata risposta del Garante alle richieste del Movimento Difesa del Cittadino circa l’attuazione dell’art. 80 del Regolamento quanto alla rappresentanza degli interessati. La norma infatti prevede che il cittadino ha il diritto di dare mandato a un organismo, un’organizzazione o un’associazione senza scopo di lucro, attivi nel settore della protezione dei diritti e delle libertà degli interessati con riguardo alla protezione dei dati personali, di proporre il reclamo per suo conto e di esercitare per suo conto i diritti ed ottenere il risarcimento per il danno materiale o immateriale subito da un trattamento illecito. Lo sdegno di una opinione pubblica ormai consapevole del costante furto on line perpetrato ai suoi danni di cui il marketing rappresenta solo una delle tante finalità di chi immagazzina quotidianamente le nostre informazioni nei big data, impone una regolazione più severa al livello di Unione Europea se non internazionale e finalmente di risposte concrete da parte del nostro Garante Privacy.