Le pubblicità di junk food continuano a non tenere in considerazione la salute dei bambini nonostante l’industria si sia impegnata a limitare le sue attività di marketing. Una rassegna di studi, pubblicati sul giornale scientifico Obesity Reviews, esamina l’esposizione dei bambini alle pubblicità di cibi e bevande ricchi di zuccheri e grassi. “Cinque anni dopo – ha affermato il dottor Tim Lobstein, primo autore del report – che le aziende hanno annunciato il loro volontario impegno a limitare la pubblicità di junk food indirizzata ai bambini, possiamo rilevare che non è stato fatto abbastanza. Mentre le compagnie riportano che l’autoregolamentazione sta funzionando bene, i risultati delle ricerche svolte da ricercatori indipendenti e agenzie governative mostrano che i bambini continuano ad essere altamente esposti alle pubblicità di junk food”.
Come spiegare la diversità delle due conclusioni? Secondo il dottor Lobstein “la discrepanza è dovuta presumibilmente a come sono state effettuate le rilevazioni. Le compagnie hanno focalizzato l’attenzione solo su ciò che pubblicizzano e non su tutto ciò che viene visionato dai bambini. E non hanno preso in considerazione le pubblicità di aziende che non hanno aderito all’impegno di autoregolamentazione. Si tratta di migliaia di piccole aziende food e beverage. Inoltre non hanno esaminato i programmi TV destinati a tutta la famiglia e guardati dai bambini”.
L’Autorità garante per le telecomunicazioni inglese, l’Ofcom, ha vietato le pubblicità di junk food durante i programmi TV destinati ai più piccoli. Intervento compensato da un aumento degli spot in questione durante i programmi destinati alle famiglie”, fa notare  il dottor Lobstein.ù
La conclusione è che l’autoregolamentazione non funziona in un mercato altamente competitivo. “Chiedere alle compagnie di limitare la loro attività di marketing è come chiedere a un ladro di far chiudere a chiave la porta della vostra casa. Lui vi direbbe che siete protetti, ma non sarà così!”, ha concluso Lobstein.