Parliamo di orti, autoproduzione alimentare e scambio di semi, dell’illegalità o meno di tutto questo settore che ha messo in stato di allerta non pochi orticoltori. Passo passo cerchiamo di capirci meglio dalle origini.
In incipit la Commissione Europea ha proposto nuove regole in merito al commercio di sementi, proposta datata 6 maggio 2013 ed intitolata “Plant Reproductive Material Law” ( riportata nella sua formula più breve). Il documento contenente la proposta di legge spiega palesemente che non risultano affatto illegali i nostri orti in quanto la normativa è rivolta espressamente alla vendita del materiale produttivo per la coltivazione delle piante e la produzione del materiale stesso con l’unico scopo di vendita.
Ci si chiederà il perché di questa revisione e il documento lo spiega dettagliatamente. Le attuali 12 direttive in parte risalgono al 1960 e, pertanto, le regole devono essere aggiornate e modernizzate. Il quadro normativo è complesso, frammentato e oneroso.
Le regole devono essere rese più flessibili ed efficienti in tutta l’UE. La loro coesistenza con le politiche comunitarie in materia di agricoltura sostenibile, la tutela della biodiversità e il cambiamento climatico dovrebbero essere migliorate.
Il documento, da considerare una risposta per il miglioramento di questo settore, propone i seguenti punti:
- sostituire 12 direttive con un unico regolamento;
- garantire più responsabilità e flessibilità per le aziende che si occupano di impianti materiali di moltiplicazione;
- migliorare la biodiversità e le opportunità per i mercati di nicchia con meno rigorosi e semplificati requisiti per varietà antiche e materiale vegetale eterogenea, e per i piccoli produttori;
- orientare la coltivazione delle piante verso obiettivi ambientali;
- snellire le procedure amministrative per sostenere l’innovazione;
- stabilire condizioni di parità con l’introduzione del principio del recupero dei costi.
Ora, una volta ben chiari i punti che il documento riporta in calce, spieghiamo’aspetto che riguarda le sementi e la loro registrazione con fini commerciali. La legge a tal proposito definisce chiaramente il punto secondo cui: l’obbligo ha ragione di esistere unicamente per le 150 specie ritenute importanti per il mercato europeo. Dunque i coltivatori amatoriali potranno continuare a produrre e conservare i propri semi così da non doverne acquistare altri provenienti da multinazionali. Ne consegue che gli orti coltivati in maniera autonoma e personale non sono in pericolo.
E proprio quanto appena detto rappresenterebbe una svolta anti crisi, ovvero ritornare a lavorare la terra rilanciando cosi l’agricoltura e la coltivazione degli orti domestici e condivisi.
Il delegato nazionale dei giovani Coldiretti, Vittorio Sangiorgio, ha richiesto al ministro delle politiche agricole, Nunzia De Girolamo, di rendere più facile il ricambio generazionale nel settore agricolo. Ciò comporterebbe un ingresso tutto giovane favorendo nuove attività e garantendo posti di lavoro.
Si punterà alla valorizzazione del cibo nazionale e ragionale, strizzando l’occhio alla filiera corta, all’agricoltura della prossimità ed ai metodi di coltivazione ecologici e sostenibili.
Un vero e proprio asso nella manica tutto da giocare nel settore agricolo, che non solo andrebbe a favorire giovani, impiego, prodotti locali ma apporterebbe una notevole svolta anche al turismo sostenibile e alla tutela del territorio.
Ci si potrebbe chiedere: perché crearsi un orto anche sul balcone di casa? E la risposta è ben servita: i rincari dei prezzi di frutta verdura sarebbero un ottimo stimolo per gli italiani a crearsi un orticello personale anche perché, stando alle stime della Coldiretti, crearlo avrebbe costi intorno ai 40 o 50 euro. Aggiungendo poi lo scambio di semi a tutto questo, il costo diventerebbe pari a zero.
E’ senza dubbio un’idea allettante soprattutto di questi tempi ed un valore aggiunto laddove prendesse concretamente forma. A noi altri non resta che riflettere e qualora decidessimo di rimboccarci le maniche, non sarà mai troppo tardi per regalarci un’opportunità di lavoro tutta bio.
A cura di Annalisa Ucci