Al momento stai visualizzando Intervista a Stefano Mei

Stefano Mei non necessita presentazioni né per gli appassionati di atletica, per gli sportivi in generale e per gli italiani, il cui nome ha portato in alto nelle competizioni nazionali e Internazionali di maggior prestigio.

Fonte: Wikipedia

Il suo impegno per l’Atletica Italiana continua come dirigente propositivo e concludente con la recente formulazione di proposte costruttive al Consiglio Federale Fidal, per contribuire alla ricerca di soluzioni immediate ed utili al mondo dell’atletica italiana in questo momento storico senza precedenti. A fronte delle quali spiace constatare che le misure messe in campo a sostegno delle società siano così esigue. Stefano crede, e noi con lui, che la stragrande maggioranza delle società di atletica abbia bisogno di aiuto ora e non tra cinque mesi, o più e con risorse vere pena la sparizione definitiva di tante società di atletica, e quindi di possibili atleti o campioni, di un settore fondamentale non solo per lo sport ma anche per l’educazione dei giovani . Sarebbe un momento gravemente buio per l’Italia, un segnale pessimo che va ben oltre la pista e il cronometro.

Stefano, in parole semplici anche x i non addetti, cosa ritieni corretto debba essere fatto?

A mio avviso e ad avviso del mio gruppo le risorse economiche  si dovrebbero rivolgere e dovrebbero essere devolute alle società di atletica  affinché non si parli di ripartenza solo in maniera teorica: se le società non hanno risorse per sostenere  i costi di gestione non è possibile pontificare, parlare, organizzare e gestire gare di sorta, men che meno campionati italiani, coppe e quant’altro viene teorizzato. Resterebbero solo intenti e lettera morta. Non si può contare esclusivamente sul volontariato nell’atletica.
Quanto impegno serio vedi nella federazione così come attualmente rappresentata?
Ognuno di noi parte con un obiettivo, con una visione dell’atletica : la visione dell’attuale Presidente Alfio Giomi era ab origine quella  di rivoluzionare l’atletica e  la mission era ottenere  risultati risparmiando, facendo quadrare i bilanci. Viste le medaglie degli ultimi 8 anni (escludiamo Tokio tutto da disputare) il fallimento è abbastanza evidente: per sei anni su sette è prevalso il deficit di bilancio.
Ci sono stati dei risultati interessanti, alcuni ottimi atleti, ma non una progressione ascrivibile alla progettazione della Fidal. I risultati giovanili che tanto hanno costituito fiore all’occhiello e vanto  ci sono sempre stati, già negli anni 80-90-2000. In realtà  forse è sceso un pochino il livello europeo complessivo per cui i risultati italiani ultimi emergono con   brillantezza ed evidenza.

Ci sono margini per tornare allo splendore degli anni 80-90 come materiale umano dal punto di vista dirigenziale e atletico (atleti e allenatori)?
I margini per tornare a certi risultati brillanti quali quelli degli anni 80 90 ci potrebbero essere ma è più difficile oggi ottenere risultati i di vertice come vincere  le olimpiadi o  i mondiali o gli europei; gli avversari sono i più numerosi, il talento si è spalmato su più territori nel mondo. a Me piacerebbe e vorrei  vedere una atletica italiana viva, brillante che se porta un certo numero di atleti nelle manifestazioni di rilievo internazionale  ne vede una parte interessante che emerge e guadagna la finale; i finalisti ultimamente sono sempre pochi  in relazione al potere economico della federazione italiana. Sarebbe necessario riuscire aumentare il numero dei finalisti.
Avendo presente che oltre la finale, per vincere   una medaglia non occorre fortuna, occorrono in primis una corretta  programmazione e poi dei talenti veri. E soprattutto saperli gestire. L’ Italia non ha dato prova in questi otto anni di saper gestire i talenti individuati.
C’è idoneo reclutamento tramite le scuole medie e superiori come quando venivamo indirizzati dai professori a fare i giochi della gioventù?
Non c’è un idoneo reclutamento, a causa del cambiamento epocale verificatosi da quando la scuola si è “chiamata fuori dallo sport”: è ovvio che negli anni 70-80 il reclutamento effettuato nei compi sopporti i delle scuole medie era un bacino notevolissimo di grandi risorse.
Oggi sarebbe opportuno prevedere progetti per i quali le società che dimostrano di saper lavorare bene col settore giovanile possano essere insignite di un titolo che ne valorizzi questa capacità fondamentale e preziosa con questa “patente” e con un giusto contributo e risorse fare in modo che queste società entrino nella scuola e vengano loro assicurati dei contributi  affinché nei mesi primaverili per esempio da marzo a maggio istituire la possibilità di creare gruppi sportivi per le scuole. La federazione dovrebbe farsi carico dei compensi da erogare agli  allenatori che andrebbero ad allenare appunto in questi campus estivi scolastici.
Ringrazio Stefano Mei, chiaro illuminante e propositivo, con l’auspicio di migliori e più numerosi risultati in capo a sempre un maggior numero di atleti.